La Fotografia
Le prime foto sono dedicate al paesaggio e alla figura umana: il mare, i porti, i pescatori e le reti, molti i ritratti. Comincia a frequentare il "Fotoclub Pescarese" nel 1980, presso il quale partecipa a dei corsi dedicati alla composizione e ai temi classici della fotografia. Inizia a fare le prime esperienze in camera oscura. Conosce Franco Fontana e ne rimane influenzato e affascinato: "Fontana mi ha dato carica ed entusiasmo....vibrazioni". Giandomenico si diploma nel 1984 presso il Liceo Artistico A. Misticoni di Pescara, nella sezione di scenografia. Frequenta il laboratorio di fotografia del prof G. Silla presso l'Accademia di Belle Arti di Macerata, completando gli studi nella sezione di scenografia teatrale e cinematografica. Giandomenico, grazie all'insegnamento di Silla, armonizza e completa, il suo percorso di approfondimento della fotografia. Consegue, nell'anno accademico 1989-1990 la laurea in storia dell'arte discutendo la tesi "Le nuove forme artistiche nell'epoca delle tecnologie avanzate e del consumismo", relatore il Chiar.mo Prof. Maria Carmela Stella. Nel 1985 collabora con uno studio nel settore di fotografia pubblicitaria e di cerimonia, nel 1989 svolge l'attività di grafico pubblicitario, dal 1991 si occupa nuovamente di servizi grafici pubblicitari e di still life. Negroni Gian Domenico trova molto interessante il lavoro nel mondo pubblicitario: "In questo settore ho la possibilità di liberare la mia fantasia, ho l'opportunità di comunicare messaggi attraverso il sapiente uso di codici e tecniche". Lavora anche con il bianco e nero, ma predilige il colore. Le sue foto a colori hanno un aspetto quasi surreale. Colori saturi e forti, alterati grazie all'uso dei filtri: Il fine è di ottenere delle foto che siano il più possibile lontane da una semplice fotocopia della realtà. Colori saturi che troveremo poi, nella sua pittura. Negroni Gian Domenico cerca di emozionare e di incuriosire il lettore, vuole attirare l'attenzione, invitare ad una analisi più approfondita del suo lavoro. Manipola il messaggio ricorrendo anche a particolari sviluppi delle pellicole. Immagini ermetiche e provocatorie, come il lavoro "Tracce di Civiltà" esposto nel 2004 nello "Spazio Espositivo Contemporaneo" a Deruta (Pg). Ruote, lamiere, oggetti senza più vita abbandonati da un uomo moderno che non sembra più capace di lasciare segni significativi della sua esistenza. L'uomo del passato, invece, ci ha dato in eredità testimonianze durature e meravigliose della sua cultura e della sua concezione del bello. Gian Domenico, con le sue fotografie, vuole trasmettere emozioni, comunicare se stesso, entrare in sintonia con gli altri. Non scatta di frequente, porta il mirino all'occhio solo quando l'ispirazione ha terminato il processo di maturazione del messaggio. Come fotografo non vuole realizzare immagini banali o ripetitive. Come artista cerca di esaltare il ruolo della sensibilità e del bagaglio emotivo e culturale. Molto bella una sua affermazione: "La fotocamera è solo una protesi....Con la sola tecnica si fa poco, è come il musicista che conosce le note, ma non dà vita, calore al brano che suona..."
La pittura
Come è accaduto a molti altri fotografi, anche Gian Domenico, con l'avvento della fotografia digitale, perde quella verve verso questa espressione artistica: "Con le immagini filtrate dal computer, viene a mancare quella poesia che ha fatto grande la fotografia...". Deluso delle nuove tecnologie che ritiene siano solo operazioni commerciali a discapito dell'Arte, Negroni Gian Domenico abbandona la macchina fotografica, attratto dal mondo della pittura. Dopo aver chiuso lo studio fotografico nel 2003, ha iniziato a lavorare in una piccola azienda metalmeccanica dove rimane fino al 2010. In questo periodo, piuttosto buio e di depressione, inizia l'attività pittorica. Matura lentamente fino a formare una prima personale visione del mondo interiore; della psiche umana. Dalla convinzione che la società spesso blocca ed opprime quel minimo sforzo di fantasia che tutti dovremmo avere, nasce la scelta di due colori: il rosso, concreto e passionale e il blu, positiva via di fuga verso l'infinito. Due colori all'apparenza molto distanti ma comunque stretti in un abbraccio che indica l'impossibilità di disgiungersi in quanto due espressioni della vita umana. Nel 2005 compie un ulteriore evoluzione del suo modo di esprimersi; il punto focale dei suoi dipinti è sempre la psiche, l'inconscio. Nella sua pittura sempre più gestuale, esprime pacatezza ma nello stesso tempo un sentimento di inquietudine, ma la vera novità sono i materiali. Prima le sue opere erano realizzate solo con il colore acrilico, ora compare anche il gesso, la garza e la stoffa, lattine di alluminio e scarti industriali raccolti durante le ore di lavoro. Una tecnica particolare alla quale l'artista attribuisce un preciso significato ricco di elementi simbolici. Mentre il corpo emerge dal fondo, l'anima resta intrappolata e soffocata sotto un pesante strato di materia, in uno sfondo indefinito, senza caratterizzazione di spazio e di tempo, come se questa situazione fosse eterna. Eppure il gesso è screpolato, graffiato, usurato dai tentativi dell'Essere che cerca disperatamente di uscire e di liberarsi. Un connubio tra ciò che ha forma e ciò che mai ce l'avrà. La forma e ciò che appare in superficie, la luminosità del colore, la struttura della materia. E attraverso la forma traspare in superficie il dentro, il profondo, le parti più intime del proprio io. Contrasti di luci e ombre creano i volumi, accentuati dall'effetto di rilievo dei materiali, creando a volte anche un'atmosfera inquietante e misteriosa. Anche la tavolozza si fa più viva, i colori diventano a volte anche violenti, come il messaggio che vuole comunicare l'artista, un pensiero forte ma carico di speranza.